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Con l’intenzione di stimolare l’economia dell’Eurozona in rallentamento, la BCE ha deciso di tagliare i tassi di deposito dal -0,4% al -0,5%, ridando al contempo il via al suo programma di quantitative easing (QE).
€20 miliardi di acquisti al mese è una cifra di poco inferiore rispetto alle aspettative del consensus. Tuttavia, la promessa di mantenere gli acquisti attivi finché i tassi di interesse non verranno alzati di nuovo (invece che indicare un limite temporale) rappresenta una mossa più generosa di quanto i mercati non si aspettassero. Secondo le aspettative dei mercati monetari in riferimento al prossimo rialzo dei tassi di interesse, ciò significa che il QE dovrebbe durare fino al 2026!
Nonostante ciò, sembra che i mercati siano rimasti delusi da questa decisione. I rendimenti dei Titoli di Stato tedeschi sono aumentati rispetto a prima dell’incontro (prezzi in calo), mentre l’euro è in rialzo sul dollaro e sulla sterlina, rispetto ai dati di chiusura di ieri.
Nel suo ultimo monetary policy meeting, il Presidente della BCE Mario Draghi ha indicato il declassamento delle previsioni sulla crescita e sull’inflazione dell’Istituto come le principali ragioni a supporto della decisione del ritorno al QE, a soli nove mesi di distanza dalla sua fine.
Tra i responsabili Draghi ha citato l’aumento del rischio geopolitico e la trade war tra Usa e Cina. Si tratta di una situazione problematica, dato che l’uso dei tassi di interesse e del QE non può influire sull’esito dei negoziati commerciali tra Stati Uniti e Cina. Una politica monetaria più accomodante potrebbe portare ad un incremento marginale della domanda domestica per controbilanciare la debolezza della domanda esterna, ma con una economia che cresce in linea con il trend, le azioni della BCE di oggi avranno nel migliore dei casi un lieve impatto positivo.
Draghi ha giustamente lamentato che la mancanza di allentamento fiscale da parte dei governi ha esacerbato questa situazione. Tuttavia, sarà il caso di domandarsi se il beneficio marginale ottenuto grazie alle decisioni odierne varrà il danno inflitto al settore bancario e al sistema pensionistico.
Anche il cambiamento annunciato della forward guidance della BCE è significativo. I tassi di interesse rimarranno pari o al di sotto del livello attuale finché l’inflazione non sarà tornata vicina – ma inferiore – al target del 2%. Ciò suggerisce che un ulteriore taglio è decisamente possibile, come previsto nel nostro scenario di base. Ci aspettiamo infatti che la BCE riduca nuovamente i tassi sui depositi a -0,60% a dicembre.
Durante la conferenza stampa sulle politiche monetarie, Draghi ha risposto in modo evasivo alle domande sulla natura degli acquisti nell’ambito del QE. Ciò suggerisce che debba ancora essere definito come investire 20 miliardi di euro al mese in modo efficace senza rimanere a corto di asset.
Per di più, la natura ‘open-ended’ di quest’ultimo programma di QE potrebbe avere conseguenze profonde. Draghi è fiducioso che il programma riporterà l’inflazione sul livello target, semplicemente ciò non avverrà prima del 2021.
Draghi sarà sempre ricordato per aver fatto ‘tutto il necessario’ per salvare l’euro durante la crisi del debito sovrano, e per aver introdotto le politiche monetarie non convenzionali alla BCE, quando molti pensavano che non sarebbero 2 Settembre 2019 | Materiale di marketing
state politicamente tollerate. Tuttavia, sarà anche ricordato dagli investitori e dai risparmiatori per non essere riuscito ad alzare i tassi durante il proprio mandato.
Si vedrà se il nuovo Presidente Christine Lagarde se la caverà meglio da questo punto di vista. In ogni caso, una cosa è certa: la strada verso politiche monetarie più accomodanti è stata spianata, e verrà percorsa per un certo periodo.
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