Come esercitiamo la nostra influenza sulle questioni relative alla forza lavoro delle aziende
Come possono le società assumere, far crescere e trattenere le persone di talenti nel quadro della crisi del costo della vita?
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La forza lavoro è in aumento a livello globale, e con essa aumentano anche le sfide. Secondo i dati di Statista, nel 2022 si contavano circa 3,32 miliardi di lavoratori in tutto il mondo, cioè il 46% in più rispetto al 1991 (2,28 miliardi).
Nonostante il calo del tasso di occupazione globale, registrato tra il 2019 e il 2020 a causa della pandemia, in generale la forza lavoro è in crescita ed è appena inferiore ai livelli pre Covid-19.
Ma a fronte dell’espansione della forza lavoro e dell’aumento del costo della vita, le aziende ricevono sempre più pressioni per sostenere i lavoratori vulnerabili o meno retribuiti.
Inoltre, le recenti bancarotte di alcune aziende dimostrano che le questioni legate alla forza lavoro possono influenzare le probabilità di sopravvivenza di una società. nell'intervista che segue, Katie Frame, Social Engagement Lead, Lucy Larner, Engagement Associate, e Marina Severinovsky, Head of Sustainability, North America, spiegano perché il trattamento dei dipendenti è un importante driver di performance e che tipo di engagement svolgono presso le società su questo importante tema, spesso definito come “gestione del capitale umano”.
Che cos’è la gestione del capitale umano e perché dobbiamo fare attività di engagement su questo tema presso le società in cui investiamo?
Katie Frame (KF): “Per gestione del capitale umano si intendono le modalità con cui un’azienda si relaziona rispetto alle persone che lavorano al suo interno, e nello specifico, le misure adottate per assumere e trattenere i dipendenti e svilupparne le capacità. Si tratta di un punto importante nelle nostre interazioni con le società in cui investiamo perché la forza lavoro può determinare il vantaggio competitivo di un’azienda. Una buona gestione del personale è essenziale ai fini della capacità innovativa e della creazione di valore nel lungo periodo.”
Quali sono i principali punti della gestione della forza lavoro?
KF: “Abbiamo individuato quattro aree di interesse: cultura aziendale; investimento nei lavoratori (anche in termini di retribuzione); rappresentanza e ascolto della forza lavoro; e salute, sicurezza e benessere.
“Abbiamo constatato, ad esempio, che diverse società fallite negli ultimi anni erano accomunate da una scarsa cultura aziendale.
“Al contempo è stato provato che le aziende che erogano un salario di sussistenza godono di una salute migliore, di maggiori possibilità di assumere e trattenere personale e di un aumento della produttività. Tuttavia il 19% degli stipendiati in tutto il mondo, vale a dire 327 milioni di persone, riceve la retribuzione minima prevista dal proprio Paese o un importo addirittura inferiore.
“Riteniamo che investire negli stipendi sia utile per il benessere dell’intera azienda. Un turnover inferiore e una maggiore produttività del personale concorrono infatti alla redditività e alla longevità di un’azienda. Le società devono essere sensibili alle pressioni competitive dei rispettivi settori e richieste o approcci generici possono rivelarsi controproducenti se comportano, ad esempio, una riduzione della forza lavoro o un incremento dei costi dei prodotti. Ma secondo noi i benefit di lungo periodo sono un obiettivo importante a cui tutte le aziende dovrebbero mirare.
“È stato inoltre provato che un buon coinvolgimento dei dipendenti contribuisce ad aumentare la redditività poiché i dipendenti motivati favoriscono l’innovazione e la crescita”.
Come cambia il vostro approccio a livello settoriale o geografico e quali trend si riscontrano?
Lucy Larner (LL): “Non tutte le società sono esposte agli stessi rischi associati al capitale umano, né vi sono esposte allo stesso modo. Esistono inoltre profonde differenze geografiche in termini di aspettative di cui teniamo conto nella nostra attività di engagement e nelle nostre aspettative nei confronti delle società.
“Ove opportuno, allineiamo la nostra attività di engagement a quelle delle iniziative internazionali a cui abbiamo aderito, compresa la Workforce Disclosure Initiative (WDI - iniziativa per l’informativa sulla forza lavoro) e la Human Capital Management Coalition (HCMC - coalizione per la gestione del capitale umano)”.
Così Marina Severinovsky: “Per noi il trattamento dei lavoratori negli Stati Uniti è una priorità. Le aziende sono sempre più spronate a essere “buoni cittadini” (good corporate citizens), cioè a riconoscere ai dipendenti il giusto valore, e a offrire loro almeno un salario di sussistenza con cui possano soddisfare i propri bisogni primari. Dalle ricerche di JUST Capital, l’ente non profit specializzato nel supportare le aziende nei rapporti con gli stakeholder, emerge che per gli Americani condizioni lavorative e stipendi sono due temi della massima importanza. L’ultimo sondaggio dell’associazione rivela che i lavoratori sono gli stakeholder più importanti in ogni gruppo demografico e che la retribuzione è il tema più sentito”.
Quali trend avete riscontrato?
LL: “Le società riconoscono sempre più l’importanza di sostenere i dipendenti nei momenti di difficoltà. Molte hanno assunto una view di lungo periodo investendo nel personale.
“Inoltre negli ultimi cinque anni le società che pagano stipendi più elevati hanno registrato sovraperformance annue di oltre il 3% rispetto ai competitor che pagano di meno. Le nostre analisi mostrano che le società del Regno Unito riconosciute ufficialmente come datori di lavoro che pagano un salario di sussistenza sono aumentate più nell’ultimo anno che nei cinque anni precedenti messi insieme”.
Come avete indotto i supermercati britannici ed europei a prendere provvedimenti?
KF: “Da molti anni facciamo attività di engagement presso le società in portafoglio affinché eroghino retribuzioni eque. Il nostro Engagement Blueprint definisce questa aspettativa nel dettaglio. Continueremo a far sentire la nostra voce e a incoraggiare le società a investire ulteriormente nei loro asset più importanti.
“Da settembre 2022 facciamo attività di engagement a proposito della crisi del costo della vita presso le principali catene di supermarket europee e del Regno Unito in cui investiamo. Abbiamo stabilito delle aspettattive fondamentali circa l’adozione di un approccio equo e socialmente responsabile che soddisfi ugualmente dipendenti, clienti e fornitori. Il focus cambia a seconda delle prassi aziendali in essere”.
Che cosa avete scoperto sinora?
KF: “La maggior parte delle società è estremamente consapevole della crisi del costo della vita e cerca di comportarsi correttamente nei confronti degli stakeholder, azionisti compresi. Vi sono ancora diverse complessità e divergenze riguardanti i terzisti, anche se si riscontra una generale apertura alla produzione di informative più puntuali”.
Come siete intervenuti in merito al congedo per malattia retribuito negli Stati Uniti?
LL: “L’anno scorso abbiamo interpellato diverse società americane attive nelle vendite al dettaglio e nei servizi al fine di comprendere il loro approccio al congedo per malattia retribuito. Ci siamo concentrati su questi settori perché da sempre sono quelli meno favorevoli per i lavoratori e perché volevamo capire come erano cambiate le loro politiche dopo la pandemia.
“Abbiamo chiesto alle società di definire politiche che garantiscano un numero sufficiente di ore di congedo per malattia retribuite all’anno per tutti i dipendenti. Siamo convinti che politiche di questo tipo offrano vantaggi non solo ai dipendenti, ma anche all’azienda: maggiore produttività, riduzione del turnover del personale e prevenzione dei contagi per malattia sul posto di lavoro”.
Che cosa avete scoperto sinora?
LL: “Le politiche variano parecchio da una società all’altra. I lavoratori part time tendono ad avere meno accesso ai congedi retribuiti per malattia o per motivi familiari. La maggior parte delle società deve adeguare le proprie politiche alle normative locali e statali, una prassi che complica la gestione dal punto di vista amministrativo e aumenta le divergenze. Si riscontrano le medesime complessità anche tra i marchi in franchising, poiché le politiche relative ai benefit vengono gestite in modo diverso dalle varie affiliate.
In quali altri modi vi attivate presso le società sul tema della gestione della forza lavoro? Potete farci un quadro della situazione?
LL: “Invitiamo le società ad andare oltre il mero rispetto del minimo salariale previsto dalle norme locali e a pagare un salario di sussistenza che consenta ai lavoratori un livello di vita dignitoso sopra la soglia della povertà. Le esortiamo inoltre a considerare tutti gli indennizzi e i benefit che possono sostenere il generale benessere finanziario della forza lavoro, poiché siamo consapevoli che il salario di base non è l'unica fonte del benessere finanziario dei lavoratori.
“Parliamo degli investimenti aziendali nella formazione della forza lavoro, nell’allineamento delle competenze alla strategia aziendale di lungo periodo e nella predisposizione a trasformazioni settoriali come quella dettata dalla transizione energetica.
“Infine incoraggiamo le società a chiedere un riscontro ai propri dipendenti e a tenere traccia del loro livello di coinvolgimento e motivazione”.
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