Infrastrutture rinnovabili più accessibili grazie ai fondi semiliquidi
Nei portafogli privati spazio alle nuove soluzioni evergreen
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Secondo l’International Renewable Energy Agency, la quota annuale di investimento sulle infrastrutture rinnovabili supererà i 2.000 miliardi di dollari entro il 2030. Un fiume di denaro che convoglierà verso la transizione energetica rappresentando una delle opportunità di allocazione più importanti del panorama dell’asset management.
La partecipazione agli investimenti infrastrutturali è stata per molto tempo appannaggio pressoché esclusivo dei grandi investitori istituzionali, ma ora, grazie agli aggiornamenti normativi e all’innovazione prodotto, le cose sono cambiate.
Approfondiscono il tema Jack Wasserman e Duncan Hale, membri del Private Market Group di Schroders, individuando nei fondi semiliquidi la chiave per allargare l’accesso ai mercati privati ad una platea sempre più ampia.
Innovazione al centro
“Le partecipazioni dirette in infrastrutture legate alla transizione energetica offrono potenzialmente ritorni più elevati, diversificazione del portafoglio e benefici concreti per l'ambiente e la società, oltre che per la sicurezza energetica”, specificano commentando l’asset class. Parliamo di parchi eolici, centrali solari e impianti idroelettrici, ma anche produzione di idrogeno verde, stoccaggio delle batterie e reti di riscaldamento su larga scala.
“Oggi”, proseguono, “sono disponibili nuove tipologie di prodotto per consentire ai privati di accedere a questo tipo di investimenti, diversificando le fonti di rischio e di rendimento grazie a flussi di cassa elevati, stabili e prevedibili: la domanda per queste soluzioni è in ascesa”.
Con i fondi semiliquidi si abbassano le barriere di accesso per gli investitori individuali, offrendo un’alternativa ai tradizionali fondi illiquidi caratterizzati da minimi elevati, richiami di capitale e lunghi periodi di lock-up.
“Nelle strutture semiliquide”, entrano nel dettaglio Wasserman e Hale, “gli investitori possono acquistare e vendere a un valore patrimoniale netto (NAV) corrente, con punti di ingresso e di uscita sviluppati per fornire liquidità in modo controllato, in genere con un limite massimo alla quantità di capitale che può essere riscattata in un dato momento”. “Un portafoglio ben costruito, diversificato per area geografica, settore e tipo di attività (e con una potenziale piccola allocazione in investimenti liquidi, come azioni quotate e cash), può creare un livello di ‘liquidità naturale’ regolare e costante”, completano sul punto.
Le caratteristiche dei “sempreverdi”
Il principale vantaggio degli strumenti semiliquidi consiste nella struttura aperta ‘evergreen’ che consente un investimento continuo nel fondo, permettendo agli investitori di vedere il loro denaro messo al lavoro immediatamente. “Questo metodo consente agli investitori esistenti di beneficiare della crescita potenziale e dei rendimenti derivanti dall’acquisto di nuove attività nel portafoglio, mentre permette ai nuovi investitori di accedere a un portafoglio diversificato fin dal primo giorno del loro investimento”, spiegano da Schroders, puntualizzando l’assoluta necessità di una profonda attività di educazione nei confronti dei risparmiatori.
“In generale”, spiegano Wasserman e Hale, “gli investitori che prendono in considerazione un investimento nella transizione energetica devono capire che, per massimizzare i benefici, è fondamentale considerarli come investimenti a lungo termine. Pertanto, le allocazioni dovrebbero essere considerate nel contesto degli obiettivi personali, delle esigenze di liquidità e della tolleranza al rischio”. “In ultima analisi”, concludono, “gli asset della transizione energetica sono illiquidi e, sebbene la struttura semi-liquida aumenti le opzioni disponibili per gli investitori, ci sono dei limiti che devono essere comunicati e compresi in modo molto preciso”.
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