La fine dell'era del “denaro gratis” inizia a mostrare i suoi effetti
Chi ha sbagliato l’allocazione del capitale nell’ultimo decennio inizia a sentirne le conseguenze.
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L’impatto più significativo del rialzo dei tassi d’interesse? La fine dell’era del “denaro gratis”. Chi ha sbagliato l’allocazione del capitale nell’ultimo decennio inizia a sentirne le conseguenze.
“E se non ci fosse un domani?” si chiede Phil Connors, il meteorologo misantropo interpretato da Bill Murray in Ricomincio da capo. "Nessun domani?" risponde Gus, uno dei due passeggeri che Phil sta riportando a casa dopo una lunga notte in un bar. “Ciò significherebbe che non ci sarebbero conseguenze. Non ci sarebbero i postumi di una sbornia. Potremmo fare tutto quello che vogliamo!”. "È vero", concorda Phil. “Potremmo fare tutto quello che vogliamo…”
A un certo punto, dopo la crisi finanziaria globale del 2008/09, una simile presa di coscienza dev’essere insorta tra i manager di innumerevoli aziende. Infatti, il quantitative easing ha portato i tassi d’interesse vicini allo zero sui principali mercati mondiali. Se il denaro si può prendere a prestito gratis, non ci sono conseguenze per le decisioni sbagliate. Hai speso sconsideratamente il denaro preso in prestito? Torna indietro e prendine di più. “Non ci sarebbero i postumi di una sbornia. Potremmo fare tutto quello che vogliamo!”.
Sicuro (o odiando il fatto) di rivivere lo stesso giorno di continuo, Phil ha testato questa teoria dell’assenza di conseguenze guidando la sua auto sui binari della ferrovia, lungo il percorso di un treno in arrivo - svegliandosi regolarmente, del tutto illeso, il giorno successivo, analogamente ai suoi passeggeri. Tuttavia, il personaggio di Murray era destinato, da ultimo, a vedere un altro domani – e i tassi d’interesse, alla fine, sono sempre stati destinati a salire.
Un nuovo contesto
Un impatto significativo – se non il più significativo – del rialzo dei tassi d’interesse è che l’era di illimitate somme di denaro prese a prestito gratuitamente sembrerebbe essere giunta al termine. Possiamo tutti percepire il cambiamento del contesto attorno a noi. Le possibilità, ad esempio, che Uber arrivi nel tempo necessario ad alzarsi dal tavolo del ristorante e indossare il proprio cappotto, prima di attraversare la città per 5 sterline, sono al momento estremamente scarse.
Solo negli ultimi cinque anni, Uber ha speso più di 30 miliardi di dollari di liquidità degli investitori per sovvenzionare gli spostamenti dei clienti, felice di perdere denaro per inseguire quote di mercato ed eliminare i concorrenti, prima di concentrarsi sui profitti. Tuttavia, cosa succede se un’azienda raggiunge dimensioni importanti – come sicuramente è accaduto ad Uber, che opera in 10.500 città di 72 paesi, con 118 milioni di utenti mensili e 6,3 miliardi di corse – ma non riesce ancora a conseguire una redditività del capitale?
WeWork è finora la vittima più nota. Il CEO di Softbank, Masayoshi Son, ha deciso di scommettere tutto sulla distruption, investendo l'equivalente del Pil della Giamaica, diventando così il più grande investitore di WeWork. Alla fine, sono finiti al vento poco meno di 17 miliardi di dollari degli investitori. Sfortunatamente, WeWork non sarà l’ultima vittima di questo contesto economico più normalizzato.
In qualità di consumatori, siamo stati viziati. Gli investitori hanno sovvenzionato i nostri ascolti su Spotify, le nostre abbuffate di Netflix (creando nel frattempo l’età dell’oro dei contenuti televisivi) e la consegna di tutti i tipi di merci acquistate su Internet. Prezzi antieconomici sono stati utilizzati come cavalli di Troia che hanno fatto breccia nella nostra vita con modelli di business variegati, sconvolgendo i mercati e consentendo alle start-up di acquisire significative quote di mercato.
Ancora una volta, quando i tassi di interesse sono pari a zero, per gli investitori di private equity e venture capital è facile essere generosi. Anche le disruption avvengono con facilità ma, a causa del rialzo dei tassi, il settore tecnologico “not-for-profit” si trova attualmente sotto pressione. Secondo il tracker di start-up statunitense PitchBook, 3.200 imprese private che hanno beneficiato del venture capital hanno cessato le proprie attività nel 2023. Non si trattava nemmeno di start-up improvvisate in un garage, dato che hanno raccolto nel complesso 27,2 miliardi di dollari – in questo caso, una cifra pari al Pil dell’Islanda.
Ridotta pressione sul Value
Questa dose di realtà economica dovrebbe, a sua volta, significare una minore pressione da parte delle start-up sulle imprese consolidate e “tradizionali”, che tendono ad essere più orientate sullo stile Value che non su quello Growth. Inoltre, se consideriamo la significativa dispersione delle valutazioni tra questi due stili d’investimento, le prospettive che i titoli Value godano sia di una crescita degli utili sia di un re-rating appaiono solide. Ciò può infondere agli investitori Value una significativa fiducia nel fatto che le buone performance registrate di recente possano proseguire nel medio termine.
Per un ironico scherzo del destino, i disruptor subiscono la disruption di un ritorno alla “vecchia normalità” dei tassi d’interesse e coloro che hanno allocato male il capitale, credendo in un domani senza conseguenze, si stanno rendendo conto che la luce che hanno davanti può essere quella di un treno in arrivo.
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