Outlook 2024: Il Fixed Income nell’era del 3D Reset
A tre anni dall'inizio del mercato ribassista delle obbligazioni, è comprensibile che gli investitori in bond, ormai malconci, battano in ritirata rinunciando all'asset class. Ma a nostro avviso sarebbe un errore.
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Tra gli investitori, nessuno ha avvertito il cambiamento di regime economico degli ultimi tre anni quanto quelli del fixed income.
I rendimenti sono stati sconfortanti; i Treasury USA hanno registrato la peggiore perdita mai vista dalla ratifica della costituzione dei neonati Stati Uniti nel 1787.
Tale performance ha comunque creato delle opportunità.
Nonostante l'inflazione sia più alta rispetto allo scorso decennio, i rendimenti sia reali sia nominali delle obbligazioni di qualità più alta si attestano ora ai livelli massimi degli ultimi 15 anni. Tale situazione dà l’impressione che le obbligazioni siano a buon mercato, non solo in termini assoluti ma anche rispetto ad altre asset class e alle azioni in particolare.
Nonostante l'inflazione sia più alta rispetto allo scorso decennio, i rendimenti sia reali sia nominali delle obbligazioni di qualità più alta si attestano ora ai livelli massimi degli ultimi 15 anni. Tale situazione dà l’impressione che le obbligazioni siano a buon mercato, non solo in termini assoluti ma anche rispetto ad altre asset class e alle azioni in particolare.
Inoltre, considerando il rallentamento di crescita e inflazione e il fatto che la maggioranza delle banche centrali dei Paesi avanzati sono alla fine del loro ciclo di rialzi o quasi, storicamente questo è stato il momento di maggior remuneratività degli investimenti obbligazionari.
Il calo senza precedenti del mercato obbligazionario negli ultimi tre anni può attribuirsi a tre fattori chiave. Primo, il basso punto di partenza dei rendimenti ha generato un reddito minimo per compensare le perdite di capitale. Secondo, in quest’anno solare il ciclo di rialzi delle maggiori banche centrali è stato il più aggressivo mai registrato. Terzo, le conseguenze della pandemia hanno portato l'inflazione ai massimi degli ultimi 40 anni.
Le sfide sono indubbiamente quelle del cosiddetto "3D Reset", con le tendenze globali legate alle D di demografia, deglobalizzazione e decarbonizzazione a rimodellare il panorama degli investimenti. Le dinamiche di bilancio degli Stati Uniti e di altri Paesi avanzati restano problematiche, mentre l'inflazione è destinata a restare alta e le tensioni geopolitiche apportano un ulteriore livello di incertezza.
Ma i deludenti rendimenti degli ultimi tre anni sono acqua passata ormai: inizia un nuovo capitolo e dobbiamo concentrarci sulle opportunità che ci attendono.
Quanto alle valutazioni, sia in termini assoluti sia rispetto ad altre asset class, le obbligazioni restano a buon mercato tanto quanto negli ultimi dieci anni e in termini di attrattività negli ultimi 20 anni si posizionano nel quartile superiore.
Ciò non significa necessariamente che ci troviamo nell’imminenza di un rally, ma in termini di reddito, i rendimenti più alti sono un cuscinetto importante per compensare eventuali altri cali dei prezzi.
Global unconstrained fixed income: il 3D Reset porterà deficit, debito e default
Julien Houdain:
Dato il persistere dell’inflazione, il mercato abbraccia appieno la narrativa dei tassi più alti più a lungo.
Ma con i tassi d’interesse ormai al picco, che cosa guiderà i mercati nel 2024?
Riteniamo che le 3 D di decarbonizzazione, deglobalizzazione e demografia porteranno probabilmente con sé altre tre D dalle conseguenze importanti per gli investimenti nel fixed income: deficit, debito e default.
In questa situazione, che pur non pare particolarmente positiva per i mercati obbligazionari, noi vediamo opportunità d’investimento interessanti.
“Non mi preoccupo del deficit. È grande abbastanza per badare a se stesso”.
A differenza di Ronald Reagan, come investitori obbligazionari ci preoccupiamo dell'entità del deficit dei bilanci pubblici, che sono alti per questa fase del ciclo economico. E il mercato inizia a prenderne atto.
In nessun altro Paese ciò assume un’importanza maggiore che negli Stati Uniti dove, rispetto al periodo precedente alla pandemia, il deficit è il più alto mai registrato. E, fatto preoccupante, sono pochi i segnali di una sua possibile riduzione a breve. Le misure di sostegno del periodo pandemico, tutt’altro che terminate, già passano il testimone ai sussidi "verdi", più di lungo termine, tra cui quelli offerti dall'Inflation Reduction Act (che contribuisce a finanziare lo sforzo di decarbonizzazione).
A peggiorare la situazione di bilancio si aggiungono il reshoring promosso dal CHIPS Act a tutela degli interessi nazionali (nell’ambito di una più ampia tendenza alla deglobalizzazione), e la necessità di sostenere una popolazione che invecchia. Il problema è che finanziare un tale livello di debito è davvero molto più costoso.
Grafico - Il debito USA aumenta mentre sale il costo dei finanziamenti
Tutto ciò fa pensare a rendimenti obbligazionari strutturalmente più alti ma anche a una maggiore divergenza dei mercati, data la differenza tra le tendenze di bilancio delle diverse regioni, e presenta interessanti opportunità di cross market. Prendiamo l’Eurozona, per esempio. A differenza degli Stati Uniti, qui la narrativa di bilancio è quella di un consolidamento che giustifica la preferenza per l'esposizione alle obbligazioni europee anziché a quelle statunitensi.
"I creditori hanno una memoria migliore dei debitori".
La gestione di bilancio è intrinsecamente legata alla seconda "D": la dinamica del debito. La transizione verso una nuova era caratterizzata da costi di finanziamento più alti rischia di perpetuare un circolo vizioso con conseguente aumento dello stock del debito negli anni a venire.
Dopo anni in cui la domanda di debito è stata dominata da acquirenti insensibili ai prezzi (cioè le banche centrali), questi ultimi si stanno ritirando a causa dell'inasprimento quantitativo; ciò significa una maggiore dipendenza dagli acquirenti di debito sensibili ai prezzi, che si aspettano un compenso maggiore per il fatto di detenere un'obbligazione per un periodo più lungo (“premi a termine” più alti).
Tale situazione dovrebbe portare a un irripidimento delle curve dei rendimenti, con la conseguenza di una crescente differenza tra i rendimenti delle obbligazioni a lungo e a breve termine. In effetti, vediamo valore nelle strategie che beneficiano dell'irripidimento della curva dei rendimenti in più mercati.
Più in generale, le cedole più alte così generate non solo fanno da cuscinetto contro le perdite di capitale, ma offrono anche una reale alternativa ad altre asset class (azioni comprese) che per la prima volta da molti anni generano finalmente reddito.
La “grande D”: il default
Per gli investitori obbligazionari il rischio ultimo è il default. Per gli asset ciclici, il contesto più importante è probabilmente quello macroeconomico. Attualmente vediamo un'alta probabilità di "atterraggio morbido" dell'economia, ma l'inasprimento delle condizioni finanziarie rende difficile ignorare i segnali di un potenziale "atterraggio duro".
Le banche centrali hanno tutt’altro che finito di alzare i tassi d'interesse e l’avvio di un ciclo di riduzione dei tassi nel 2024 sarebbe un sostegno importante per le obbligazioni. Probabilmente aumenterà il tasso di default delle imprese, anche se, data la relativa solidità dei bilanci, non prevediamo un'impennata significativa.
Comunque, la transizione verso un aumento dei costi dei finanziamenti può essere molto più rapida in alcune economie che in altre. L’effetto dei tassi d'interesse alti è percepito molto più rapidamente in Europa, dove i prestiti bancari sono molto più diffusi rispetto al finanziamento sul mercato dei capitali, preferito invece negli Stati Uniti.
Di conseguenza, prevediamo una maggiore dispersione del mercato, non solo su base regionale ma anche a livello di emittenti, poiché gli investitori vorranno essere compensati per le allocazioni in società con maggior leva finanziaria. Tale situazione crea l’opportunità di generare sovraperformance grazie a un'attenta selezione delle obbligazioni.
Sebbene il maggior reddito offerto da alcuni asset ciclici costituisca un cuscinetto contro le perdite, preferiamo giocare in modo relativamente sicuro, dati i rischi di un rallentamento potenzialmente più marcato. Preferire l'investment grade allo high yield, con allocazioni in obbligazioni garantite, titoli di Stato e debito cartolarizzato, rimane il modo migliore per aumentare il rendimento del portafoglio con qualità alta e beta basso.
USA: ridare redditività al Fixed Income
Lisa Hornby:
Negli ultimi 18 mesi l'economia statunitense ha dimostrato una resilienza notevole nonostante le tante difficoltà. A fronte del ciclo di rialzi dei tassi più aggressivo da una generazione a questa parte, i mercati hanno dovuto affrontare una crisi bancaria regionale, l'impennata dei costi energetici, la persistente forza del dollaro e le incertezze geopolitiche.
Tale forza economica è da attribuirsi a due fattori principali: primo, il calo dei consistenti risparmi accumulati dai consumatori durante la crisi del Covid-19, rapidamente ridottisi rispetto al picco di 2.000 miliardi di dollari; secondo, l'attuazione, nel 2022, dei programmi di investimento federali, il CHIPS Act e il Science Act (circa 280 miliardi di dollari) e quello che con una certa dose di ironia è stato battezzato Inflation Reduction Act (781 miliardi di dollari).
È improbabile che le spinte economiche fornite da questi fattori negli ultimi 18 mesi si ripetano anche nei prossimi trimestri. Inoltre, come dichiarato dalla Fed, l’effetto dei "ritardi lunghi e variabili" associati alla politica monetaria deve ancora manifestarsi appieno. Dati gli oltre 500 punti base di rialzo dei tassi dall'inizio del 2022, i rendimenti obbligazionari sono più che triplicati. In un'economia fortemente indebitata, è ottimistico ipotizzare che non vi saranno conseguenze indesiderate.
Iniziamo a vedere alcune delle conseguenze dell'aumento dei tassi di interesse. I costi dei finanziamenti continuano a salire per le imprese, in risposta all'aumento del tasso dei Fed Fund. S’iniziano anche a vedere segnali di stress da parte dei prima resistentissimi consumatori. I risparmi accumulati durante la pandemia stanno per esaurirsi e il tasso di risparmio è sceso di nuovo al di sotto del 4%, il decile più basso dal 1960: i consumatori si affidano quindi sempre più al debito. Il totale dei pagamenti effettuati con carta di credito ha di recente toccato il massimo storico di oltre 1.000 miliardi di dollari e aumentano i casi di (pur bassa) morosità. I mercati del lavoro restano solidi ma mostrano segni di rallentamento. Si colgono segnali del prossimo spostarsi dei timori degli investitori, nel 2024, dall'aumento dei tassi al deterioramento dei fondamentali e del rischio del credito.
In termini di allocazione nell'universo del fixed income, considerati gli attuali livelli di rendimento dei diversi settori, raccomandiamo un approccio più selettivo e opportunistico.
Grafico: Dopo i rendimenti da record, le obbligazioni offrono un valore interessante
Ci concentriamo sulla costruzione di liquidità in settori di alta qualità come i Treasury USA e i titoli garantiti da mutui ipotecari (MBS), oltre che nelle obbligazioni societarie a breve e media scadenza.
Riteniamo che nei prossimi trimestri, via via che l'aumento dei tassi inciderà sull'economia e il rallentamento della crescita inizierà a pesare maggiormente sugli utili societari, ci saranno occasioni migliori per aggiungere rischio. Una volta dislocati i mercati, si aprirà l’importante opportunità di ruotare fuori dai settori liquidi per passare ad asset più rischiosi.
Debito, valute e materie prime dei mercati emergenti: la fine dell'esodo?
Abdallah Guezour:
Nel 2023 è proseguito l'esodo degli investitori dai titoli di debito dei mercati emergenti, iniziato nel 2022. I deflussi da record e la depressione delle nuove emissioni nette hanno portato a un grave sottopeso dell'asset class nei portafogli degli investitori di tutto il mondo.
Nonostante questa situazione difficile in termini di flussi, le obbligazioni e le valute dei Paesi emergenti hanno iniziato a registrare performance ragionevolmente positive. La contrazione della liquidità finanziaria globale, la volatilità del fixed income indotta dagli Stati Uniti, l’ampia forza del dollaro USA, la deludente traiettoria della crescita cinese e le recenti dislocazioni geopolitiche sono state tutte ben assorbite dai vari settori del fixed income dei mercati emergenti.
Nel 2023 gli spread del debito investment grade denominato in dollari si sono mossi di pochissimo, mentre il debito high yield dei Paesi emergenti, in dollari come anche in valuta locale, ha generato rendimenti totali positivi. Prevediamo che nel 2024 questa ripresa della performance andrà a rafforzarsi, perché diversi mercati del debito denominato in dollari e in valuta locale rimangono saldamente sostenuti non solo da livelli di rendimento interessanti ma anche da quadri di politica monetaria disciplinati che hanno riportato l'inflazione sotto controllo, migliorato la bilancia dei pagamenti e portato a una minore dipendenza dai capitali esteri nel breve termine. Dette correzioni macroeconomiche porteranno probabilmente le economie dei Paesi emergenti a superare, in termini di crescita, i Paesi avanzati.
Dopo un ciclo di rialzi proattivo che ha portato la media del tasso di policy reale ben al 7%, le banche centrali di diversi Paesi emergenti stanno riconquistando il diritto all’allentamento (si veda il grafico sotto). Prevediamo che nella maggioranza di Paesi emergenti i tagli dei tassi saranno moderati, dati i rischi associati a un’eccessiva divergenza dalla Fed, la quale sembra voler mantenere ancora un orientamento monetario restrittivo.
Grafico: Nei Paesi emergenti l’inflazione è sotto controllo. Le banche centrali dei principali Paesi emergenti riconquistano il diritto all’allentamento.
Questo cauto allentamento monetario da parte delle banche centrali dei principali Paesi emergenti dovrebbe rafforzare la credibilità e sostenere la recente stabilizzazione delle valute, cui contribuisce anche il miglioramento delle bilance commerciali, e portare a un ritorno dei capitali sui mercati dei titoli di Stato locali.
I rendimenti dei titoli di Stato locali a dieci anni di Brasile (11,5%), Messico (9,7%), Colombia (11%), Sudafrica (12%) e Indonesia (6,8%) sono in posizione particolarmente favorevole per generare rendimenti elevati nel 2024.
Anche il debito dei Paesi emergenti denominato in dollari offre sacche di valore interessanti, soprattutto nel settore sovrano high yield. Gli spread rimangono a livelli storicamente alti, ma in questo settore cautela e selettività sono doverose. Alcuni emittenti sovrani high yield, come la Nigeria, stanno vivendo un forte impulso alle riforme, hanno scadenze favorevoli e avanzi delle partite correnti e offrono rendimenti obbligazionari in dollari superiori all'11%. Sebbene i livelli degli spread negli indici del debito investment grade in dollari dei mercati emergenti appaiano meno interessanti poiché estremamente contratti rispetto ai valori storici, è importante considerare che i Paesi del Golfo con rating alto, AA e A, rappresentano oggi circa il 20% dell'universo investment grade dei mercati emergenti.
I già interessanti rendimenti prospettati per il fixed income nei Paesi emergenti saliranno ulteriormente se il dollaro USA completerà questo lunghissimo ciclo rialzista. Il dollaro è estremamente sopravvalutato e gli insostenibili deficit gemelli degli Stati Uniti iniziano a rappresentare una serissima difficoltà per la valuta statunitense.
Riteniamo sia ancora in atto il ciclo rialzista di lungo periodo delle materie prime, sopraggiunto nel post-pandemia, e che esso rappresenti una potenziale spinta per diverse obbligazioni e valute dei Paesi emergenti.
Dopo un periodo di consistenti guadagni, il complesso delle materie prime ha visto una correzione rispetto ai massimi registrati nel 2022, perché gli investitori si sono fatti più cauti sulle prospettive della domanda globale.
Oggi stiamo entrando nell'era del 3D Reset, con rischio crescente di ulteriori ondate inflazionistiche e di aggravamento dei conflitti geopolitici. La resilienza della domanda di materie prime e i vincoli dell'offerta dovrebbero far salire i prezzi nel lungo periodo, soprattutto per le materie prime che fanno leva sul boom degli investimenti nella transizione energetica. Tale contesto supporta un'allocazione attiva al complesso delle materie prime come copertura strategica per i portafogli degli investitori.
Qualsiasi riferimento a regioni/settori/Paesi/azioni/titoli è a mero scopo illustrativo e non è da intendersi come raccomandazione ad acquistare o a vendere strumenti finanziari o ad adottare una determinata strategia di investimento.
Il presente documento riporta i giudizi e le opinioni dei soggetti a cui sono attribuiti, che non rappresentano necessariamente la visione riportata in altre pubblicazioni o espressa da altri fondi, strategie e comunicazioni di Schroders.
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